Martina Zanghì, La Commedia di Parma e il suo copista nella Firenze del secondo quarto del Trecento - p. 55
Nella Firenze dei primi anni ’30 del Trecento circolavano già diverse versioni del “testo standard” della Commedia di Dante, che costituirà, nelle sue numerose varianti, il ramo tosco-fiorentino della tradizione del poema. Di questa ampia e variegata famiglia di codici fa parte l’autorevole e antico ms. Parma, Biblioteca Palatina, 3285 (Parm), copiato a Firenze agli inizi degli anni ’30 del Trecento da un anonimo amanuense, il "copista di Parm". L’antichità e la fiorentinità del manoscritto Parmense lo rendono un testimone prezioso sia in prospettiva filologica, poiché latore di numerose varianti corrette o preferibili del testo (alcune delle quali esaminate nel presente contributo), sia anche e soprattutto in prospettiva storico-linguistica e in sede di ricostruzione della veste fono-morfologica del poema. Una prima indagine linguistica che qui si presenta, condotta su un campione significativo del manoscritto, ha infatti permesso di rilevare in esso un numero consistente di tratti del fiorentino arcaico (soprattutto nel caso delle desinenze verbali), presenti anche in altri manoscritti dovuti allo stesso copista (Statuti di Calimala, volgarizzamento delle Eroidi di Ovidio), ma in misura nettamente minore. Lo studio del profilo culturale e linguistico del copista di Parm, dunque, ci consente di approfondire la conoscenza del volgare fiorentino sia dell'epoca di Dante (attraverso la Commedia), che del primo Trecento, e di far luce sul contesto nel quale operavano i copisti fiorentini del poema sacro a pochi anni dalla scomparsa del suo autore.
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