Francesca Cupelloni, «Di cui più non vo’ ripetere»: strutture varie dell’iterazione nei testi di Antonio Pucci - p. 217
#Antonio Pucci #Ripetizione #Formularità
Il contributo si propone di indagare alcune interessanti strutture iterative rintracciate nei testi di Antonio Pucci, uno degli autori più prolifici del Trecento fiorentino, corrispondente di Boccaccio e di Franco Sacchetti. L’indagine è circoscritta a tre forme principali della ripetizione (formularità, riuso, imitazione/modello) offrendo una campionatura di esempi tratti da generi testuali diversi: lo studio attinge la varia esemplificazione sia dai cantari di argomento storico-leggendario, sia dal Centiloquio, l’opera maggiore del Pucci, che riscrive in 9.100 terzine dantesche la Nuova Cronica di Giovanni Villani. All’ampiezza della produzione letteraria pucciana, così segnata dalla ripetizione, aggiunge un non secondario motivo d’interesse la fortunata sopravvivenza di alcuni manoscritti autografi, il cui elenco include anche un testimone della Commedia corredato da un abbozzo di commento all’Inferno, al quale è dedicata una sezione dello studio.
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