Emanuele Banfi, Sistemi interpuntorii di cinese e giapponese: considerazioni in diacronia e in sincronia - p. 79
Emanuele Banfi descrive il repertorio dei segni intepuntorii utilizzati in cinese e in giapponese con specifico riferimento, da un lato, al quadro sincronico delle due lingue e, dall’altro, a una questione d’ordine strutturale che caratterizza l’organizzazione dei testi sia cinesi che giapponesi ove, a differenza di ciò che avviene in lingue alfabetiche, le loro scriptae, non prevedendo (e da sempre) alcuna separazione tra “parole”, si presentano quindi come continua grafematici simili, in questo e per altro, alle forme più remote dei sistemi grafematici delle “nostre” lingue classiche, greco e latino. Con la precisazione che il sistema grafematico cinese è prevalentemente (e lo è da sempre) logo-ideografico, basato sui sinogrammi (o caratteri: gli hànzi 漢字 / 汉字) inizialmente pittografici, poi prevalentemente logo-ideografici; quello giapponese, totalmente dipendente dal sistema grafematico cinese, è solo parzialmente logo-ideografico, basato sui 漢字 kanji, ossia sui caratteri cinesi tradizionali; ma in parte esso è anche un sistema sillabico caratterizzato da due particolari sillabari (平仮名/ ひらがな hiragana e片仮名 /カタカ katakana); e, infine e in parte, esso utilizza anche l’alfabeto latino (il rōmaji) per la trascrizione di elementi di lingue occidentali, alfabetiche: ne consegue che il sistema grafematico giapponese è un complesso sistema misto cui, appunto, non sono estranee “intrusioni”… da parte del sistema alfabetico latino.
Inoltre, per quanto riguarda i sistemi interpuntorii cinese e giapponese, va ricordato l’influsso su di essi esercitato, a partire dalla seconda metà del sec. XIX, da modelli proposti dai sistemi intepuntorii di lingue occidentali (inglese, tedesco e francese, soprattutto) mediati dalle prime pratiche traduttorie di testi occidentali inizialmente in giapponese e poi in cinese.
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