Rabie Salama, Ungaretti e la cultura araba - p. 71




Grazie ai contatti secolari fra Ponente e Levante, Oriente e Occidente, si era creato uno sfondo sul quale si delineava un’opinione dominante nei confronti dell’Egitto. O, per meglio dire, dell’Egitto nel Mediterraneo orientale in genere. Si trattava di una terra molto meno “lontana”, e meno “straniera”, insomma assai meno esotica di oggi.

Sin dallo sbarco di Alessandro Magno sulle sponde meridionali del Mediterraneo e dopo la fondazione della città di Alessandria, essa divenne,  per tanto tempo, meta di numerosi viaggiatori, esploratori e conquistatori. Qui approdarono navi provenienti dalle varie parti del mondo. E le prime tracce di Roma imperiale sulla terra dei faraoni si ebbero ai tempi dell’Impero Romano. Nel corso dei secoli a seguire le navi italiane furono numerose nel porto di Alessandria: nel 1178 infatti in questa città esercitavano la loro attività oltre tremila commercianti europei, di cui due terzi furono italiani: veneziani, genovesi, pisani, napolietani ecc., sotto la protezione dei loro consoli.

Spostandoci alla storia contemporanea dell’Egitto, e precisamente  dalla prima metà del secolo XIX, il sovrano Muhammad Ali, fondatore dell’Egitto moderno, dette avvio ad un processo di modernizzazione del paese. Questo processo di riforme avviato dai kedivè d’Egitto stimolò tanti europei a recarsi in Egitto. Ebbero inizio così ondate di emigrazione italiana in Egitto, e ad Alessandria in particolare. In questa città cosmopolita che non conosceva barriere di lingua o di cultura nacquero Ungaretti e Marinetti, due letterati di spicco nel panorama letterario europeo e mondiale . 

Ungaretti passò i suoi primi ventiquattro anni in Egitto, e se è vero che scrisse le sue poesie in  Italia e in Francia, d’altra parte ebbe a dire “Sarà perché sono mezzo africano, e perché le immagini rimaste impresse / da ragazzo sono le più vive …”.





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