L’artificio retorico dell’eco nella poesia volgare di fine Quattrocento - p. 269

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Irene Falini, L’artificio retorico dell’eco nella poesia volgare di fine Quattrocento - p. 269

#Artificio retorico dell’eco #Angelo Poliziano #Poesia cortigiana

Prendendo le mosse da alcuni studi che auspicano ricerche sui rapporti tra poesia toscana e lirica cortigiana della fine del sec. XV, il contributo – concentrandosi sull’artificio retorico dell’eco – mette a confronto il rispetto di Poliziano Che fa’ tu, Ecco, mentr’io ti chiamo? Amo, che inaugurò la tecnica in volgare, con alcune imitazioni coeve o di poco posteriori, focalizzandosi sulle modalità di ripresa (metriche e tematiche). Cinque i testi analizzati: il rifacimento letterale Che fai tu, Echo, mentre ch’io ti chiamo? Amo di Pietro Adamo de Micheli, tre strambotti di Serafino Aquilano (Ahimè, che arrò del mal ch’io porto? Porto, Deh, fusse qui chi mi to’ el somno! Somno e Cogli passion come io, dur scoglio? Coglio) e lo strambotto Valle, e lamenti mia sentonsi? Sentonsi del fiorentino Francesco Cei. Infine il contributo presenta un tentativo di imitazione in un metro alternativo: il sonetto Ch’à’ tu che stai così pensoso e gramo? Amo di Galeotto del Carretto, di cui viene offerta una nuova edizione critica.






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